Tra i due ci saranno le prime ruggini, alimentate l’anno dopo da un altro episodio contestato. Imola, Autodromo Enzo e Dino Ferrari. La McLaren deve riscattare un terribile avvio di stagione, iniziata con la incredibile vittoria della Ferrari di Nigel Mansell a Rio de Janeiro. Per il brasiliano e il francese sembra un copione pressoché scritto: prima fila e doppietta apparentemente facile. Ma chi taglierà per primo la linea del traguardo? Senna riesce a partire bene dalla pole, mantenendo il comando fino all’interruzione causata dall’incendio della Ferrari di Berger, domato con un tempismo da record dai Leoni della CEA. Bandiera rossa e tutto da rifare. Ma al secondo via Prost sembra quasi rispondere idealmente a quello che Senna aveva fatto l’anno prima all’Estoril, scattando meglio e percorrendo in testa la curva del Tamburello. Il patto tra i due era che chi scattava per primo al semaforo avrebbe mantenuto la leadership della gara, un po’ come accadrà alcuni anni più tardi tra Mika Hakkinen e David Coulthard.
Ma alla staccata della Tosa Senna sorprende tutti, da Prost allo stesso Ron Dennis, andando a prendere il comando della gara e disobbedendo così all’accordo preso con Prost prima del via. Il francese continuerà a rimanere incollato al brasiliano praticamente per tutta la gara, prova a impensierirlo, ma Senna, sfruttando anche i doppiaggi nel corso della gara, riesce a mettere un discreto margine tra sé e un Prost carico di rabbia, che sul finale si deconcentra e va in testacoda. Al termine della gara Prost si scaglia contro Senna, lo afferra per la tuta e gli chiede conto del tradimento del patto, con Ron Dennis che invece minimizza sull’accaduto e si gode la doppietta. Senna prova a giustificarsi, dicendo che il patto valesse solo per ma prima partenza e non per il restart, ma per Prost è finita, non c’è più complicità, non c’è più lealtà, solo collaborazione tecnica. Ormai tra i due vale tutto, anche le sportellate pesanti, e quello che accadrà a Suzuka, con l’annesso fiume di polemiche, sarà solo il naturale epilogo di questa storia.
Ecco, se forse vogliamo trovare un filo conduttore e una qualche similitudine tra le due coppie di piloti, a quasi 30 anni di distanza, è proprio questa: nel momento in cui si trovano a combattere ad armi pari sono disposti a tutto, a far saltare accordi, a farsi persino dei colpi bassi senza che il team potesse in qualche modo intervenire (tant’è che il muretto Mercedes è spaccato in due). Una scena che, anche ora, per la sacra regola che il principale avversario è il compagno di squadra, sta riproponendo gli stesi interrogativi che i due fuoriclasse della McLaren misero in testa allo staff di Ron Dennis. Auspicando che, comunque, l’epilogo della storia non sia cruento come quello di fine 1989.