Abbiamo avuto il piacere di avere ospite nella puntata numero 56 di Pit Talk Bruno Giacomelli, ex-pilota dell’Alfa Romeo, che ha scambiato alcune battute in ricordo di Gilles Villeneuve. Iniziando dalla sfida con i jet dell’Aeronautica Militare con Villeneuve e le due Brabham (in cui Gilles “aveva fatto una furbata” togliendo l’alettone posteriore), è passato poi a ricordare la colazione con Gilles e Michele Alboreto la mattina dell’8 maggio 1982, in cui Giacomelli declinò l’invito di un passaggio in elicottero in circuito, le frequentazioni e i corsi e ricorsi storici, come il giorno del debutto di Gilles in Formula 1, in cui Giacomelli guidò la sua March di Formula Atlantic in Columbia.
Giacomelli fa una considerazione di base su Gilles Villeneuve e su chi parla di lui:
“Gilles Villeneuve la maggior parte delle persone lo ricordano come un pilota che guidava sempre al limite e lo superava anche; in realtà bisogna fare una distinzione tra il Gilles dei primi tempi e quello dopo la sua prima vittoria in Canada nel 1978; dal 1978 al 1982 c’è stata un’evoluzione logica del pilota Gilles fino a quando poi è morto; quindi tra i due periodi occorre fare una distinzione”.
“Credo che Enzo Ferrari gli abbia perdonato un sacco dui cose, ci fosse stato un italiano non gliele avrebbe fatte passare!”
Poi il pilota italiano torna sui fatti di Imola 1982, con il duello fratricida tra i due ferraristi e quelli che poi sono stati i tragici fatti di Zolder:
“Forse la mancata presenza di Mauro Forghieri al muretto in quella occasione ha fatto sì che Fusaro prese delle decisioni un po’ sbagliate; io ho vissuto quei fatti a stretto contatto con Gilles e lui ci rimase molto male dal comportamento di Didier Pironi e dal fatto che nessuno prese le sue difese. Poi ho sentito dire che l’incidente di Zolder fosse collegato con i fatti di Imola; io invece sostengo che non c’è alcun legame”.
Giacomelli, poi, parla di sé e del suo doppio ruolo di pilota nelle gare Endurance e di tester per la Leyton House, soffermandosi anche su Adrian Newey,, con una parentesi anche sulla Life:
“In quel periodo corsi con le Porsche del team Kremer e con le Spice ufficiali con motore Cosworth; contemporaneamente testai con la Leyton House le sospensioni attive. Newey poi quando la Leyton House chiuse i battenti prese alcuni tecnici e andò in Williams dove vinse il mondiale con Nigel Mansell. Ho avuto la possibilità di fare il collaudatore quando Senna nel 1990 era alla McLaren, ma rifiutai perché non era un ruolo che mi entusiasmava perché mi sentivo un pilota.”
“Quella della Life non la considero un’esperienza dal punto di vista sportivo, ma dal punto di vista tecnico c’era l’ingegner Rocchi, padre del 12 cilindri boxer con cui la Ferrari vinse con Lauda e Scheckter e pensavo di portare il mio contributo allo sviluppo del motore. C’è stato dell’entusiasmo iniziale che poi è andato scemando, ma ci tengo a dire che uscivamo dai box sempre con il motore acceso, mentre altre Case più blasonate non riuscivano nemmeno a partire. Era un motore particolarissimo, a 3 bancate di 4 cilindri con una biella centrale e altre biellette laterali”
“Adrian Newey è stato un tecnico straordinario che avevo già conosciuto nel 1985 quando correvo con la STP nelle gare americane, e avevo avuto modo di conoscere le sue straordinarie capacità tecniche e dove tutti pensavano che fosse un tecnico straordinario nell’aerodinamica devo smentire parzialmente questa tesi perché era anche grande conoscitore della meccanica, cosa di cui ho avuto esperienza e che viene spesso dimenticata”
Il pilota bresciano è stato anche un valido progettista:
“In March mi lasciarono la possibilità di progettare alcune parti della vettura; ovviamente non si trattava di sospensioni o geometrie. Il fatto che la vettura ha battuto tutti i record della Formula 2 è una cosa che mi riempie di orgoglio e anche in Alfa Romeo fino alla fine del 1982, quando chiuse l’attività ufficiale prima di cederla alla Scuderia Pavanello, io feci tuti i collaudi e addirittura nella 179 ho fatto tutti i collaudi, sedendomi nel piano di riscontro, arrivando fino a quando De Cesaris fece la pole position a Long Beach, che è un’altra delle cose di cui vado molto fiero. Ho avuto la fortuna di lavorare con tecnici validissimi in Inghilterra che mi hanno insegnato tanto”
Da ultimo, Giacomelli parla della Formula 1 moderna:
“Se mi chiedono cosa penso dell Formula 1 moderna non so cosa rispondere. Manca di fascino, è una Formula 1 senz’anima, non c’è il pepe. Ormai il modo per far andare più forti le vetture si conoscono, cambia solo la tecnologia. Quello che è cambiato è stato l’approccio alla sicurezza, che ha portato a dei cambiamenti radicali e irreversibili e si è arrivati al punto di non ritorno.”