martedì, Gennaio 21, 2025

F1 | Storia: 15 anni senza Michele Alboreto

forghierialboretoInfatti, nella stagione successiva, dopo un 1986 quasi da dimenticare, arrivò Gerhard Berger e per Michele fu chiaro sin da subito che, sebbene la prima guida fosse lui, Barnard volle preferire l’austriaco. Michele si sentì messo all’angolo, quasi tradito per quella scelta di seguire Enzo Ferrari nella sua avventura americana e questo creò, inizialmente, una coppia che era pronta a scoppiare. Ma le prestazioni che vennero fuori nel corso della prima parte della stagione furono confortanti. Michele sembra crederci, vuole poter raddrizzare una stagione difficile, però è un’illusione. Problemi di affidabilità e differenze evidenti con il compagno di squadra fanno sì che anche il 1987 sarà un anno nero. Andrà meglio l’anno successivo, ma ormai il divorzio è alle porte. Barnard stava già guardando a Nigel Mansell per guidare il team nel ritorno agli aspirati. Per Michele non c’è posto; a tentare di salvare il rapporto con il pilota italiano arriva direttamente il Drake, ma non c’è nulla da fare. Enzo Ferrari amava i suoi piloti, chi più chi meno, anche se prima veniva sempre la Scuderia. Proprio per questo, anche Alboreto meritava un riconoscimento per il lavoro che aveva svolto e per avere aiutato Ferrari nelle sue battaglie anche fuori dalla Formula 1 e, così, gli offEnzo-Ferrari-e-Michele-Alboretorì il rinnovo del contratto. Ma era all’interno del team che si era consumata la frattura, con Barnard (ci sarà un duello incrociato con Gustav Brunner, padre della 637, che si rivivrà alcuni anni più tardi) e altri membri del muretto che ormai avevano voltato pagina e non intesero più continuare la collaborazione con l’italiano. Che però non si sottrasse a dare l’ultimo grande saluto in pista al Commendatore, con quella fortunata ma unica doppietta a Monza dietro al compagno Berger. Non ci sono divisioni, non ci sono guerre tra i due, solo la voglia di salutare e dare il giusto tributo a chi ha scritto la storia dell’automobilismo sportivo in Italia e nel mondo. Ironia della sorte, il direttore sportivo della Ferrari che entrò in servizio dal 1989 fu Cesare Fiorio, colui che portò alla ribalta il milanese nelle gare di durata alla Lancia.

Alboreto-Sebring-2001-AudiGare di durata che faranno parte della “seconda giovinezza” di Michele Alboreto (saltiamo volutamente molti passaggi della sua carriera, che saranno oggetto di un successivo articolo, ndr), abile a vincere la 24 Ore di Le Mans del 1997 grazie a un prototipo, corsi e ricorsi della storia, motorizzato dalla Porsche e costruito da Tom Walkinshaw per il team Joest. Passa in Audi, con lo squadrone della Casa degli Anelli che nel frattempo ha acquisito il team Joest, e vince la sua ultima gara, la 12 Ore di Sebring del 2001. L’ultimo anno, l’ultima gioia, l’ultima corsa. Quella che si interrompe rovinosamente su un muretto del Lausitzring, circuito che per i piloti italiani significa dramma, soprattutto in quel maledetto 2001, quando anche Alex Zanardi perderà le gambe pochi mesi più tardi, mentre fu in testa nella gara Indycar che si corse proprio lì. E’ vero, spesso le tragedie che rimangono più impresse sono quelle che riguardano i migliori, piloti che parlano poco e fanno tanto, piloti che senza battere ciglio passano da una categoria all’altra dimostrando un grande valore, perché parlano poco e pigiano molto sull’acceleratore.

Ciao Michele.

Cristian Buttazzoni
Cristian Buttazzoni
"Life is about passions. Thank you for sharing mine". (M. Schumacher) Una frase, una scelta di vita. Tutto simboleggiato da un numero, il 27 (rosso, ma non solo)

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