F1 Storia: vent’anni da Montreal 1995

11 giugno 2015 – A distanza di vent’anni esatti da quel famoso 11 giugno 1995, ricordiamo quella che forse è stata una delle vittorie più significative della storia della Formula 1, quella di Jean Alesi sul circuito di Montreal, su cui si è corso domenica scorsa. Ne avevamo già parlato, ripercorrendo tutti i giri di quella straordinaria galoppata verso il traguardo, favorita dal clamoroso rallentamento di Michael Schumacher, ma qui vogliamo fare di più e cioè tentare di raccontare il perchè questa fu tutto fuorchè una vittoria a sorpresa, ma anzi particolarmente attesa e arrivata al momento giusto.

La storia di questa vittoria, se possibile, inizia nel 1994 e porta una data precisa: il 31 luglio. Quel giorno in cui, dopo ben 3 anni e mezzo di digiuno, la Ferrari torna alla vittoria grazie a Gerhard Berger sul circuito di Hockenheim. In quell’anno, la Ferrari si presenta con una monoposto (la 412T1) tutta nuova, più aggressiva delle precedenti, un muso alto e affusolato, due enormi prese d’aria a bocca di squalo, un cambio trasversale e un nuovo motore V12 con 4 valvole per cilindro, cosa che ha permesso a Claudio Lombardi di aumentarne in modo sensibile la potenza. Quella data segnò l’inizio della riscossa dopo anni bui, in cui la Ferrari ha macinato poco più di qualche podio. In quella stagione, invece, il francese e l’austriaco collezioneranno due prime file e un’altra pole, oltre al ricordato successo di Berger.

Dopo le modifiche regolamentari del 1995, John Barnard decise di disegnare una monoposto molto simile, ma più semplice e convenzionale. Ecco, quindi, la 412T2, monoposto che a vederla non sembrava irresistibile, ma aveva una virtù: la compattezza, che si trasformava in agilità, grazie al ritorno al muso a formichiere e al ritorno a forme più convenzionali, forse ispirata dalla Williams FW16, quella con cui Senna avrebbe potuto conquistare il suo quarto trionfo iridato. Rispetto all’anno prima, stesso tipo di cambio e stesso tipo di motore, che non è altro che l’evoluzione in scala “ridotta” di quello dell’anno prima. E già nelle prime gare questa monoposto che non sembrava essere esteticamente eccelsa si rivela efficace praticamente su tutti i circuiti, visto che finisce a podio dappertutto, nella prima parte di stagione. Il caos in Brasile sul giallo delle benzine irregolari, poi, porta Berger a vincere  tavolino nella prima gara in Brasile, anche se poi la vittoria verrà restituita a Schumacher.

Nelle gare successive, però, a salire in cattedra è Alesi, che con questa monoposto si trova a meraviglia: colleziona ben due secondi posti in Argentina, dietro a Hill ma davanti a Schumacher, e San Marino, dove la Ferrari stava per confezionare una gara-capolavoro dopo aver segnato il primo e secondo tempo nel warm-up bagnato se non fosse successo un piccolo guaio al box per Berger, che nel corso del pit-stop spegne il motore e viene costretto ad aspettare.

Anche in Spagna e a Monaco Alesi stava per portare a casa due secondi posti, ma i guai all’affidabilità e un incidente con Brundle lo mettono fuori gioco anzitempo. Quindi, ci sono tutti gli ingredienti per assistere alla gara perfetta a Montreal, con Alesi, quinto in qualifica, ancora una volta fa segnare il miglior tempo nel warm-up. E se c’è un altro tassello chiave di questa vittoria: si corre sul circuito di Montreal intitolato a Gilles Villeneuve, indimenticato numero 27, in cui Alesi anche l’anno prima si era distinto, arrivando secondo dietro a Schumacher. E questa sarà l’ultima Ferrari a portare quel numero che correrà proprio su quel tracciato.

Il team, inevitabilmente, si aspettava molto da questa giornata, visto che per fortunata coincidenza era anche in lotta per il Mondiale costruttori. E chiaramente i fans canadesi accorrono a frotte sulle tribune del tracciato dell’Isola di Notre-Dame. Sulla copertina del booklet di presentazione della gara, la FIA appone un’immagine della 412T1 di Gerhard Berger, quasi che sentisse che c’era un legame misterioso (ma nemmeno tanto) tra le due monoposto e, anche, con la vittoria di Hockenheim, come se l’impresa fosse nell’aria.

La trasferta, come sempre, fu preparata nei minimi dettagli, anche perchè c’era da festeggiare anche il 31. compleanno di Jean e, chi più chi meno, nei commenti del pre-gara credevano nell’impresa, che non era giudicata per nulla impossibile, ma alla portata del francesino di Avignone. Ai box c’è pure il fratello José e l’aria di festa si respirava indipendentemente dal risultato, così come la speranza di ambire al risultato massimo.

E Jean non tradisce le attese, dopo una qualifica che lo porta al quinto posto, infila uno dopo l’altro Berger, Coulthard (che va in testacoda) e Hill e si mette all’inseguimento di Schumacher. Il successivo sorpasso di Berger ai danni dell’inglese fa sentire aria di doppietta, anche se Schumacher era lontano, molto lontano, irraggiungibile.

La Ferrari, quindi, era in forma smagliante e intenzionata a dare una prova di forza agli avversari, se solo fosse accaduto il miracolo… che puntualmente arriva al 57. giro, ma questo non è altro che il frutto della tattica scelta dal francese (e anche da Berger, se solo non avesse sbagliato i calcoli della benzina), attendista ma non troppo, che ha indotto Schumacher a forzare per andarsi a cercare quella che sembrava essere la terza vittoria di fila, salvo poi ritrovarsi con il cambio bloccato e rientrare a passo lentissimo ai box, da dove è ripartito facendo anche segnare il giro record in gara. Uno Schumacher costretto all’errore anche dalla sua volontà di andare al limite, e forse anche oltre.

Tutti questi sono gli ingredienti di un trionfo annunciato, che ha portato la Ferrari in testa alla classifica Costruttori, un traguardo che mancava a Maranello da oltre 6 anni, quando a portarla in vetta fu un altro numero 27, Nigel Mansell, con il suo trionfo nella gara inaugurale in Brasile. Traguardo che sarà particolarmente familiare alcuni anni più tardi, ma questa è un’altra storia.