20 giugno 2015 – Continua il periodo no in casa Red Bull, e i risultati fanno intuire che la ripresa è ancora molto, ma molto lontana. Tuttavia, esaminando cosa è successo nel 2014, verrebbe da pensare che tutto si sarebbe potuto evitare.
Sarebbe facile dire “La Red Bull va presa per le corna” perchè, stando a quanto voglia dire il detto, prendere per le corna un team che pare totalmente allo sbando sarebbe controproducente. Errato sarebbe imporre turni di lavoro duri, aumentare le pressioni sui piloti oppure chiamare tutto l’ufficio tecnico quotidianamente per sapere a che punto è la progettazione del nuovo componente. Nessuno ci vieta di pensare che siano cose che già accadono in quel di Milton Keyenes e, se così fosse, aumentare l’intensità di quanto detto sopra porterebbe solo alla costruzione di una centrale nucleare pronta ad esplodere.
Allora per dove la dobbiamo prendere questa Red Bull? A meno che non siate di origini torinesi e particolarmente fedeli alla tradizione del toro di Piazza San Carlo, è meglio iniziare dal fondo, ovvero dalla coda. Si, perchè un team che fino a due anni fa dominava in lungo e in largo scrivendo una pagine epiche nella storia della Formula 1 a suon di record massacrati, vuol dire che sa benissimo cosa voglia dire essere, e vincere, in Formula 1.
Sbagliare è facile, e se lo fai in Formula 1 ne paghi le conseguenze subito e in maniera anche pesante. La Red Bull, diciamocelo senza girarci tanto attorno, ha commesso due errori fatali, che ne hanno pregiudicato il suo andamento in Formula 1 fin da subito. Il primo è stato quello di aver ceduto al fatto che Adrian Newey iniziasse un lento, ma progressivo, allontanamento dalla Formula 1. Un ingegnere del calibro di Newey, andrebbe blindato come è usuale fare nel calcio con i fuoriclasse. Che siano milioni sonanti di Euro o motivazioni nuove, va blindato ma mai gli si deve permettere di allontanarsi. E se tutto ciò diventa inevitabile, allora cercare subito di affiancare un erede, un qualcuno che possa assorbire da Newey il maggior numero di informazioni, e di esperienze, possibili. Se poi è giovane e voglioso di vittorie, allora il gioco è fatto.
Il secondo errore, ma non per questo meno grave, è stato quello di non aver messo neanche un pilota di esperienza alla guida delle due Red Bull. Ricciardo viene da un 2014 dove ha dimostrato un gran talento, e dove ha sbattuto in faccia a molti che i sorpassi si possono fare anche senza DRS. Nel uno contro uno è, probabilmente, il più forte del lotto, ma pecca su altri fronti. Per esempio, non appena iniziato il 2015, non si è mai visto un suo guizzo e per tale si intende anche solo una gara dove abbia tirato fuori gli attributi. Cosa che, un pilota con più esperienza come Vettel, ha fatto nel 2014 nonostante un team che dopo la Cina ha iniziato pesantemente a remargli contro. Kvyat, poi, come pilota ha fatto vedere di essere tutt’altro che uno sprovveduto, ma alla coppia Horner – Mateschitz non è venuto in mente che forse un solo anno di esperienza è troppo poco come background prima del grande salto in un top team? A quanto pare no, e quando fu criticato in Bahrain fu anche difeso molto poco.
La Red Bull è in crisi e, anzichè esaminare il proprio organico, spara a zero sulla Renault. Il propulsore francese è senza dubbio un problema, ma un’eventuale Power Unit Ferrari non sarebbe la panacea di un male che ha colpito un team che, forse, si è troppo sopravvalutato da solo.