27 maggio 2015 – Chissà se Lewis Hamilton, quando ha parcheggiato per un istante la sua Mercedes al Portier, ha inserito nel mix di rabbia e bestemmie quel pomeriggio di sette anni fa. Quando ancora una volta si trovò a raddrizzare un pasticcio fatto dagli ingegneri del muretto Mclaren. Quel pomeriggio si corse il Gran Premio di Germania del 2008 ed Hamilton si conquistò, se ben ce ne fosse stato bisogno, il titolo di Wonder Boy della Formula 1.
Se ci mettiamo qui ad esaminare il Gp di Germania del 2008 e la gara di domenica, quasi ci viene un colpo al pomo d’Adamo per la serie incredibile di similitudini. Hamilton parte dalla pole ( per la prima volta in carriera su entrambi i circuiti ), è stra favorito per la vittoria e guida per la prima parte di gara come un forsennato. Come se avesse voglia non solo di vincere, ma di annichilire gli avversari. Vederli caricare le vetture sulle bisarche con le pive nel sacco, mentre lui si gode una vittoria pesante come Boeing a pieno carico con sotto braccio la nuova fiamma. Che si chiami Nicole Scherzinger o Gigi (non scherzo, si chiama così) Hadid, poco conta: è gnocca da paura ed è un dato inzuppato di gossip da paddock. Aggiungiamo che in entrambi i casi, a mandare a fagioli una schiera di ingegneri ci ha pensato una safety per un, brutto, incidente. Ah, ecco una differenza: nel 2008 era all’ultima curva, domenica alla prima. Vabbè sottilezze. Andiamo comunque con ordine.
Cronaca di un trionfo annunciato: Hamilton si presenta alle porte del Hockenheimring carico come una molla. Ha distrutto i rivali in casa, a Silverstone, e i week end sciagurati di Montreal e Magny-Cours sembrano un ricordo lontanissimo. Il mondiale lo vede leader, insieme a Raikkonen e Massa; con Kubica a solo due punti. Quel mondiale 2008 ha dei numeri da nostalgia canaglia. Andando avanti, Hamilton piazza la pole con un margine di soli due decimi sulle Ferrari che però sono favorite, dati tecnici alla mano. Al via Hamilton si difende come un leone da Massa, che ha capito perfettamente che ha nelle prime due, massimo tre, curve l’unica chance per vincere la gara. Archiviato l’attacco di Massa, Hamilton sfodera con sei anni d’anticipo il suo “Hammer time”. Mette giù uno dopo l’altro una serie di giri impressionante. Il margine sale a dismisura, senza che Massa o Kubica, partito alla grandissima, possano fare nulla. Anche dopo la prima serie di pit stop, Hamilton è solitario al comando e mette tra se e Massa un margine di dodici secondi. Tanti, vero, ma non tantissimi. Basterebbe un’imprevisto e tutto andrebbe vanificato, sciolto come neve al sole.
Quella maledetta Safety Car : Manco a chiamarlo, ecco che una gara noiosa e monotona diventa tutto d’un tratto un escalation di emozioni. Al giro 35 la Toyota di Glock, fino a quel momento ottava, rompe la sospensione in uscita dalla SudKurve e si schianta contro il muretto dei box. Il botto è violentissimo, ma fortunatamente avviene con il posteriore della vettura e non in maniera dritta, ma leggermente obliqua. Glock scende con le sue gambe dalla Toyota, ma è visibilmente tramortito. Una nottata in ospedale per accertamenti e un gran spavento saranno le uniche conseguenze. Con il rettilineo del traguardo disseminato di detriti entra in pista la Safety Car. Come era di regola all’epoca, le vetture seguono la Mercedes stradale per un paio di giri, finchè non viene aperta la pit lane. Non appena ciò avviene, la corsia dei box sembra il raccordo anulare alle ore 18 di un mercoledì pomeriggio: un casino infernale. Tutti ai box per rabbocco carburante e gomme nuove. Tutti tranne Nelsinho Piquet e Lewis Hamilton. Il primo ha previsto un solo pit e per di più l’ha fatto il giro prima del botto di Glock. In sostanza gli ha detto “fondoschiena” ma anche di brutto. Hamilton invece è in pista perchè al box Mclaren forse si sono distratti a bere Johnnie Walker. Inspiegabile e inspiegata sarà questa scelta tattica. Un’errore madornale che complica un week end altrimenti di facilissima gestione. Hamilton non capisce cosa gli stiano facendo fare e, intanto, vede dietro di se comparire una fila di monoposto indiavolate, cariche di benzine e, sopratutto, con gomme fresche.
La rimonta da antologia: Dopo sei giri in Safety Car, la gara riparte e Hamilton deve suonare un altro Hammer Time. Spinge, spinge come un matto, come ai tempi dei Kart in cui era l’unica tattica plausibile e accettabile. Chiede tutto ciò che il suo V8 può dargli e lo fa con gomme come ormai si stanno dando l’estrema unzione a vicenda e con il timore che la benzina non sia a basta per rientrare al box. In nove giri il miracolo non sarebbe riuscito a nessuno e Hamilton “pitta” al giro 50, rientrando quinto e con dieci secondi dal leader, sognante, Heidfeld e dal sorprendente con terga benedette Piquet Jr. Massa è terzo, incredulo, e anche immeritato leader del mondiale. Hamilton pare tramortito dal colpo e non riesce manco a far fuori il compagno Kovalainen, che si fa da parte da solo al 52° giro. Al giro 54, la sorte fa capire che quel pomeriggio era d’accordo con ogni comune mortale presente sulla faccia della terra e aiuta Hamilton facendo fermare Heidfeld che, ovviamente, rientra dietro di lui. Si, ma Massa e Piquet Jr sono ancora lontani. Hamilton non molla e tira fuori il terzo Hummer Time della giornata, divorando il distacco che lo separava dai due. Massa, sorpreso, si difende come può (e come gli girava quel giorno) ma alla fine crolla. Ora tocca a Piquet Jr che per un pò ci prova, ma poi sa che finisce nella sabbia per un contatto con la Mclaren numero 22, prima si prende i calci nelle terga da Hamilton, poi da Briatore; spedendolo direttamente fuori dai cancella di Enstone. No, meglio preservarle quelle tanto decisive terga, e così Hamilton passa al primo tentativo. Per nulla pago, il ventitreenne anglo-caraibico tenta anche l’assalto al giro più veloce, ma senza successo. E’ comunque vittoria, sotto gli occhi di un innamorato Ron Dennis e di mezzo mondo della Formula 1 che s’inchina al nuovo ragazzo d’oro di questo sport. Con buona pace di tutti.
Quella volta andò bene ad Hamilton. Si, andò bene perchè seppe aggiustare un clamoroso errore del suo box che, anzichè fermarlo come tutti gli altri durante il regime di safety car, lo lasciò inspiegabilmente in pista. Ad Hamilton andò bene perchè alla fine arrivò una stra meritata vittoria, ma a Montecarlo domenica la rimonta non si è ripetuta. Una gara del genere a Monaco non si sarebbe mai vista, e questo fa ulteriormente salire la rabbia di chi vuol veder vincere sempre il migliore della giornata. A prescindere da simpatie o antipatie.