9 maggio 2015 – E poi arriva questa data. Ogni anno, ogni volta; la memoria va inesorabile a quel sabato pomeriggio, 8 maggio, di ormai 33 anni fa, quando Gilles Villeneuve spiccò l’ultimo, fatale, volo. Poi vedi pure che cade in concomitanza con il Gran Premio di Spagna, e allora la memoria inizia un viaggio lungo, malinconico e anche un pò tormentato. Quel Gran Premio di Spagna del 1981, ultimo trionfo dell’aviatore.
Un Gran Premio di Spagna, dove la Ferrari arrivò sulle ali dell’entusiasmo, cavalcando un mare di adrenalina e di euforia. Un garage dove meccanici che poche settimane prima sembravano naufraghi senza meta, era diventato un pugno di uomini traghettati verso un’oceano di sogni e speranze, guidati da Gilles Villeneuve e quel suo capolavoro di tre settimane prima a Montecarlo. Replicare sembrava impossibile, ma poco importava. La 126 Ck aveva finito lo svezzamento ed era pronta a dare inizio ad una serie di vetture nuove, rivoluzionarie e vincenti.
Manco iniziò bene quel week end per Villeneuve, relegato ad un anonimo settimo posto in griglia ad un secondo dalla pole di Laffite. Però, si sa, se da qualche parte esiste un tessitore che ha già stilato la tela del destino di ognuno di noi, nulla può intercedere. Neanche una qualifica opaca. Al via, Laffite sbaglia tutto e cede la prima posizione a Jones che poi, a sorpresa, sbaglia e lascia strada proprio a Gilles Villeneuve. Siamo al quattordicesimo giro. Il leader non cambierà più fino alla fine.
Con il gruppo che ancora non si è sgranato bene, Villeneuve tiene dietro di se non una, non due, ma ben quattro motori aspirati che su una pista medio-tortuosa come Jarama hanno vita facile nel guidato. Villeneuve, invece, pela come un ossesso, intraversa manco fosse un rally, disegna ennemila metri di virgole di caucciù sull’asfalto. Poi arriva nel rettilineo del traguardo e schizza via. Ogni santo giro è così. Per ben sessantasette volte. A “inaugurare” il trenino ci pensa Reutmann, poi arriveranno: Laffitte, Watson e De Angelis.
Quattro piloti che sembrano quattro mastini o, se preferite, quattro avvoltoi. Appolaiati ad aspettare il minimo errore di Villeneuve, che però non arriva. Laffite, che ha passato Reutmann, attacca ovunque può la “CK” numero 27, ma senza esito. Gilles Villeneuve non sbaglia neanche una virgola, non commette neanche un misero largo. Non da possibilità a Laffite di passare.
Alla fine, nell’incredulità generale, Gilles Villeneuve vince il Gran Premio di Spagna, davanti a: Laffite, Watson Reutman, e De Angelis. Tra il canadese e il romano, passano 1.24 secondi; giusto il tempo di capire chi ha vinto e sono già passati in cinque. A fine gara Villeneuve è stremato ma felicissimo. Con questa vittoria entra di diritto nella lotta al titolo, e non lo nasconde dichiarandosi: “Pronto a vincere il mondiale” di fronte ai giornalisti. Non andrà così. Gilles Villeneuve rimarrà quello spericolato uomo che guidava una Ferrari come se fosse l’ultimo giorno della sua vita ad ogni santa occasione. Troppi errori, incidenti e qualche problema tecnico lo fermeranno nella corsa al titolo.
Il giorno dopo il Drake, senza tanto girarci intorno, dirà: “Ieri, Villeneuve, mi ha ricordato Nuvolari”. In sostanza, in Spagna nacque il mito e la leggenda di Villeneuve, quando il suo nome e quello di Nuvolari si fusero e diventarono uno legato all’altro in maniera indissolubile. Entrambi divennero, almeno nel cuore dei tifosi, imbattibili.