25 giugno 2014 – Di personaggi campioni di simpatia la F1 anni 90 ne è piena. Piloti, o semi tali, che hanno solcato i circuiti di mezzo mondo alla guida di monoposto di team più o meno solidi. Tra tutti ne spicca uno che ha pure vinto, e tanto, ma più che farsi ricordare per i suoi trionfi, piace ricordarlo per uno spiccato humour britannico: Johnny Herbert.
John Paul (per gli amici “Johnny”) Herbert, nasce il 25 giugno del 1964 a Brentwood nell’ Essex in Inghilterra. Come tutti, comincia prestissimo con i go kart, e diventa in poco tempo una delle giovani promesse dell’automobilismo inglese.
A metà degli anni ’80 le aspettative riposte nei confronti del giovane Herbert sono tante. E’ visto un pò come lo era Schumacher in Germania, ovvero speranza di una nazione sportiva senza veri idoli, e addirittura qualcuno paragona il suo talento a quello di Jim Clark. Esagerato o no, Herbert non delude le aspettative. Arriva in Formula Ford e nel 1985 vince il Formula Ford Festival, impegnandosi nel corso della stagione in tutte e due le categorie (1600 e 2000). Nel 1986, conferma gli eccellenti risultati in Formula Ford e firma un importante accordo con Eddie Jordan per correre in F.3.
Jordan intuisce il talento cristallino del giovane Herbert, e nel 1988 decide di promuoverlo in F3000 internazionale al fianco di Martin Donnelly. Il debutto è da campione. A Jerez vince la prima gara del campionato, e in altre occasioni rasenta la vittoria, prima di doversi arrendere a problemi tecnici davvero sfortunati. Nel corso della stagione, i team di F1 cominciano a buttare gli occhi su di lui. Guiderà una Benetton a Brands Hatch ( Mansell presente il giorno del test chiese delucidazioni su quel biondino) e una Lotus a Monza. Leggenda narra che dopo una metà giornata da urlo, riempirono all’orlo il serbatoio della sua monoposto per non far sfigurare la prima guida Piquet.
La carriera del giovane Herbert sembra lanciata. A soli 24 anni è gia un pilota emergente e già molto ambito dai team di Formula 1. Il 21 agosto si corre il Gran Premio di Brands Hatch, valido come settima prova del campionato internazionale di F.3000. Johnny Herbert è in pole. Un ottimo presagio, visto che a Jerez partiva anche li dalla pole. Nei box, inoltre, si aggira Frank Williams che, pare, abbia pronto un contratto proprio per l’astro nascente di Brentwood. Al via Herbert, però, non scatta benissimo e perde un paio di posizioni. Inizia subito una schermaglia con Gregor Foitek (pilota considerato troppo aggressivo e con cui Herbert ebbe un incidente a Vallelunga) che dura un paio di curve, poi il disastro. Le due vetture in uscita dalla curva Surtees si agganciano e quella di Herbert picchia frontalmente contro il muro di cemento. Senza muso e senza alcuna protezione per le gambe del pilota, la vettura attraversa la pista e si schianta nuovamente contro i guard rail dalla parte opposta della pista. Un incidente tremendo. Quando i soccorsi arrivano, trovano le gambe di Herbert distrutte e i piedi praticamente sbriciolati. A lungo la sua carriera rimane appesa ad un filo, con il rischio di amputazione degli arti costantemente sulla testa di Herbert.
Herbert riesce a compiere un recupero che ha del miracoloso e ad inizio 1989 è pronto a rispondere presente alla chiamata della vita: la Formula 1. Peter Collins li affida una Benetton per la gara inaugurale del campionato a Jacarepaguà e Herbert, che a malappena si regge in piedi, è straordinariamente quarto. Porta a casa altri punti anche a Phoenix, ma gli acciacchi di quel terribile crash si fanno ancora sentire. Herbert soffre molto in tracciati fisicamente duri per i piloti e il box si spacca in due. Da una parte Collins che lo vorrebbe confermare, dall’altra il neo arrivato Briatore che lo vorrebbe appiedare. Vince il manager cuneese che prende al volo la mancata qualificazione in Canada per licenziarlo. Collins, deluso dall’ atteggiamento dei Benetton, lascerà il team anglo-italiano.
Herbert dirotta la propria carriera verso il Giappone, dove correrà nel campionato nazionale di F.3000, ma tornerà in F1 in 4 occasioni alla guida di Tyrrell e Lotus che, nel frattempo, ha visto l’ingresso nell’organico di Peter Collins. In questo periodo, comincia anche la sua collaborazione con la Mazda e con il rivoluzionario motore Wenkel, che li permetterà di correre 3 volte alla 24h di Le Mans e di vincere nell’edizione del 1991, in coppia con Gachot e Volker Weidler. Herbert, però, sogna la F1. Continua a correrci, chiamato spesso da Peter Collins alla Lotus per fare sostituzioni in modo saltuario. Nel 1992, finalmente, Herbert diventa pilota Lotus in pianta stabile in coppia con il futuro campione del mondo Mika Hakkinen.
Nel confronto con il nuovo Flying Finn della Formula 1, Herbert fa tutt’altro che sfigurare. La prima stagione completa in Formula 1, Herbert la chiude con soli due punti, ma tanti ritiri causati da una Lotus che sembrava fatta di carta velina. Spesso ha dovuto rientrare ai box a piedi quando occupava posizioni di assoluto rilievo in classifica, a causa di problemi tecnici che hanno tarpato le ali ad un pilota in netta ascesa. Nel 1993, arriva la conferma alla Lotus e il buon Herbert migliora nettamente. La macchina non è ancora (e mai più sarà) un fulmine di guerra, ma un minimo di competitività arriva. Herbert chiude il campionato in nona posizione con 11 punti (ben 3 quarti posti) e in Belgio porta a casa gli ultimi punti nella storia della Lotus.
Herbert è conscio che finchè rimarrà alla agonizzante Lotus, non potrà dare lo spunto alla carriera che merita. Senza trovare valide alternative, inizia il 1994 sulla Lotus e correrà ben 13 Gp prima di entrare nel “giro” Walkinshaw – Briatore e correre il Gp d’Europa con la Ligier e le ultime due gare con la Benetton. Ciò bastò a Herbert per guadagnarsi la riconferma nel team campione del mondo piloti in carica.
Inutile dire che in Benetton non si muove foglia che Schumacher non voglia, ma la stagione di Herbert è tutt’altro che da buttare. Senza lode e senza infamia, Johnny è probabilmente artefice del suo miglior anno. Ottiene svariati piazzamenti a punti e sopratutto vince il Gp di casa a Silverstone. Protagonista fino a quel momento di una gara positiva, occupava la terza posizione quando un tentativo di sorpasso a dir poco azzardato di Hill su Schumacher (ma chi è che ha lasciato molti segni sulle fiancate???) alla curva Priory mette fuori gioco entrambi. Con Alesi lontano, Herbert gestisce il vantaggio e coglie il suo primo trionfo in Formula 1, nella gara di casa. Un’onore tutto “British” toccato solo a leggende come Stirling Moss e Tony Brooks. Nello stesso anno, giunge anche il secondo trionfo. Herbert, si conferma pilota capace di approfittare come nessuno dei problemi, e dei pasticci, altrui. A Monza, Coulthard parte dalla pole, ma ne combina una in più di Bertorldo in Francia. Hill, poi, azzarda un doppiaggio, canna in pieno la frenata alla variante della Loggia e centra Schumacher. Out entrambi. La gara passa dunque, nel visibilio generale, alle due Ferrari con Alesi davanti a Berger dopo i pit stop; ma al giro 32 la telecamera posta sull’alettone posteriore della 412/T2 di Alesi si stacca e colpisce la sospensione anteriore di Berger distruggendola. Alesi vola al comando fino al giro 46, quando un cuscinetto danneggiato va a fuoco. Il Leader diventa Herbert che nello stupore generale va a vincere. Sul podio, qualcuno fischierà il pilota inglese colpevole, a sentir loro, di non aver meritato la vittoria. This is Racing Man. Il saluto poco “British Style” di Herbert però apparì a tutti fuori luogo, anche se i veri appassionati una sana risata se la fecero.
Herbert chiuse il campionato in quarta posizione, ma ciò non bastò a valerli la riconferma in Benetton. Spodestato dal duo Berger-Alesi, Herbert migrò verso la Svizzera; destinazione Sauber. Al suo primo anno, ancora problemi con una macchina inaffidabile e gli unici punti, arrivano nella gara a eliminazione (aridaje…) di Monaco. Il 1997 è il suo miglior anno in Sauber se non addirittura la miglior stagione mai corsa da Herbert. Va a punti ripetutamente con una vettura spinta dal V10 Ferrari, ribattezzato Petronas, e si toglie anche lo sfizio di chiudere a podio un Gp. Chiude terzo in Ungheria dopo una prestazione a dir poco maiuscola, con tanto di sorpasso all’ ex team mate Schumacher. Nel 1998 alla Sauber arriva Alesi, e Herbert capisce che non c’è più posto per lui. Chiude la sua parentesi con il team elvetico con solo un punto iridato.
Nel 1999, Herbert passa ad un team nuovo nella F1, ma con tante ambizioni: la Stewart del mitico Jackie. La stagione non è di sicura una delle migliori per l’ormai esperto Herbert. Perde spesso il confronto con Barrichello ma sul finire del campionato si toglie un bello sfizio. Con la Stewart già venduta alla Ford (che tornerà l anno dopo con il marchio Jaguar) e Barrichello futura seconda guida alla Ferrari, Herbert vince, a sorpresa, una delle gare più spettacolari degli ultimi 20 anni: Il Gp d’Europa sul circuito del Nurburgring. In una girandola di leader (chiunque fosse passato in testa in quella gara aveva prima o poi inconvenienti tecnici) la roulette dei ritiri, si ferma sulla casella col numero 17 verde della Stewart di Herbert. Per Johnny è la terza vittoria in carriera mentre per Stewart la prima e unica da costruttore, ulteriormente resa importante dal terzo posto di Barrichello dietro ad uno strepitoso Trulli.
Il 2000 è l’ultimo anno di Herbert in Formula 1. Coinvolto in un progetto che di vincente ha solo i conti in banca, Johnny e il povero Eddie Irvine (neo acquisto sbandierato come futuro campione del mondo) sono piloti di una vettura lenta, poco competitiva e con un aerodinamica che appariva già all’epoca datata. Irvine smuove la classifica solo a Montecarlo e in Malesia, mentre Herbert non riesce a cogliere neanche un punto. Decide di ritirarsi sul finire della stagione, e chiude in maniera ingloriosa con la F1 con un botto da paura in Malesia, causato dalla rottura della sospensione. L’incidente le causò, comunque, qualche contusione. Tenterà una nuova vita da collaudatore alla Arrows, ma la mancanza di fondi lo costringerà a fare per lo più giri promozionali su tracciati non ufficiali.
Dopo il ritiro, Herbert si dedica alle ruote coperte, ottenendo 3 secondi posti alla 24 ore di Le Mans e vincendo la Le Mans Series nel 2004. Una volta appesi definitivamente casco e guanti al chiodo, se dedica al management della Jordan e da alcuni anni è consulente speciale di Sky F1 Uk.
Herbert è uno di quei personaggi che manca tanto alla F1 moderna. Sfrontato, simpatico e anche un pò folle, era facile riconoscerlo nel paddock per la sua statura minuta e per la camminata sempre zoppicante, ancora oggi, causata del terribile incidente a Brands Hatch. Oggi compie 50 anni, ma dentro di lui ne ha al massimo 15. Happy Birthday Johnny!
Johnny Herbert, oggi opinionista a SkyF1UK