4 Dicembre 2013 – Il primo episodio della serie “I team indimenticabili”, non poteva non iniziare con un elogio ad una scuderia italiana che ha scritto la storia della Formula 1 nel nostro bel paese: La Minardi.
La storia della Minardi nacque nella mente del suo fondatore: Giancarlo Minardi. Figlio di un concessionario Fiat, cominciò a muovere i primissimi passi nel mondo della corse giovanissimo. Un incidente fece capire a Minardi che per lui spazio nel mondo delle corse c’era, ma non era dal lato giusto dell’abitacolo. Minardi inizia a collaborare con la scuderia “Passatore” e si attira addosso le attenzioni anche di Enzo Ferrari che gli affida una Ferrari 312 B3 per far crescere le nuove leve del’automobilismo italiano e la possibilitià di effettuare i test nel circuito privato a Fiorano. Un’opportunità più unica che rara dalla quale Minardi saprà trarne grande profitto.
Minardi, quando lavorava per conto della “Scuderia Everest” (Ex-Passatore), iscrisse anche una Ferrari 312 T alla Race Of Champions e al Silverstone International Trophy. Nel 1980 Minardi decide di dare il proprio nome al team e inizia la scalata alla Formula 1 partendo per la Formula 2. Le vetture della scuderia Minardi erano tra le più competitive di tutta la categoria cadetta. Piloti come: Alboreto, De Angelis, Guerra ecc hanno almeno una volta guidato le piccole vetture giallo-blu. Giancarlo Minardi, però, vuole di più. Non si accontenta della F2 (che sarebbe sparita a fine 1984) e vuole la F1.
Viaggia fino a Milano per parlare con le alte scrivanie Alfa Romeo. La casa del biscione in F1 manco più struscia, e se volessero mollare tutto? Minardi fa la sua proposta. La risposta è no, la Alfa Romeo continua con la Formula 1, ma la fornitura per il motore è cosa fatta. Minardi torna a Faenza nella sua factory di 22 anime con tanto cuore per i motori volando sui suoi sogni. All’inizio dell estate 1984, la Minardi M184 è già pronta bisogna solo montare il motore turbo by Alfa Romeo. Nelle mani di Alessandro Nannini, la M184 svezza che è una meraviglia compiendo oltre 2000km, e tutto sembra pronto anche (perchè no?) per uno shake-down entro fine mondiale 1984. Di sicuro, si è pronti per il 1985, ma è qui che arriva la doccia gelata. Le alte scrivanie Alfa Romeo cambiano idea: la fornitura di motori alla Minardi per il 1985 non si farà. Per la scuderia faentina è uno schiaffo, il primo di una serie alla quale Minardi risponderà sempre da grande uomo. Bisogna, tuttavia, rifare tutto da capo e Minardi non trova altra soluzione che affidarsi ai lenti, pesanti e ormai obsoleti motori Ford. Meglio che niente.Il 5 aprile 1985 la Minardi M185 posa per la prima volta le suo ruote su un tracciato di Formula 1 e la stessa domenica debutterà in un Gran Premio. L’avventura della Minardi è iniziata!
Dal Gran Premio di San Marino, Minardi abbandona i motori Ford per montare i “Motori Moderni” progettati e costruiti in proprio dall’ Ing. Carlo Chiti. Inesperienza e errori, porteranno la Minardi a due stagioni da 0 in classifica costruttori.Il primo punto, quello che a detta di Giancarlo Minardi avrebbe dovuto significare il salto di qualità per il team, non arriva. I propulsori di Chiti fumano una domenica si e l’altra pure non aiutando di certo la piccola Minardi, e dopo due stagioni si capisce che è meglio che le strade si separino.
Nel 1988 la Minardi, come tutte le scuderie minori, abbandona i turbo e si affida ai Ford DFZ e tra i piloti vengono confermati Campos (tanto peso nel portafoglio quanto leggerezza nel piede) e Perez-Sala. Fu proprio dall’appiedamento dell’impalpabile come un accendino in un rogo Campos che nacque la prima soddisfazione. Nel tortuoso e ansiogeno circuito di Detroit Martini, che sostituì Campos, portò a casa uno strepitoso sesto posto con punto in classifica annesso che valse il primo assegno staccato a nome della Scuderia Minardi da parte della Foca. L’anno successivo è uno dei più prolifici per la scuderia faentina che chiude il mondiale con 6 punti, il primo doppio arrivo a punti con Martini e Sala 5° e 6° a Silverstone e la soddisfazione di vedere una Minardi davanti a tutti al Gp del Portogallo anche se solo per un giro, manco fosse il momento di gloria per Martini e la Minardi. Sempre nel 1988, viene assunto Gabriele Tredozi tecnico storico della Minardi fino alla fine della sua storia.
L’anno successivo inzia con Martini in prima fila Phoenix, ma è l’unico piccolo acuto per la Minardi. Grandi attese ci sono invece per il 1991 dove la Minardi monterà sulla M191 i motori Ferrari 037 a dimostrazione che il cordone che legava Maranello a Faenza esiste ancora. Arrivano 6 punti (compreso un quarto posto a Imola). Buono come risultato, ma non di sicuro ciò che a Faenza si attendeva.Nel 1992 si capisce che i V12 Ferrari non sono la chiave di volta della vittoria, e si passa ai propulsori Lamborghini progettati da un certo Mauro Forghieri ma, anche stavolta, i risultati sono scarsi. L’anno di svolta è il 1993.
La Minardi M193 è talmente scarna di sponsor da far credere che i fondi arrivino dalla passione delle terre romagnole, eppure è la macchina migliore della storia della Minardi. A Faenza arriva Gustav Brunner dalla fallita March e lavorando a 4 mani con il promettente direttore tecnico Aldo Costa costruisce un piccolo capolavoro. La Minardi M193 conquista ben 7 punti e l’ottavo posto alla fine del mondiale compreso un arrivo sul traguardo a Monza con volo carpiato di Fittipaldi dopo aver toccato la ruota di Martini in un maldestro tentativo di arrivo in parata.
Nei 2 anni successivi, nonostante l’arrivo di sponsor e l’ingaggio di Alboreto, la Minardi non decolla e arrivano meno punti che in tutta la stagione 93. L’ultimo arrivo a punti di Lamy ad Adelaide 95 apre un digiuno lunghissimo. Nel 1997 Giancarlo Minardi è sfiancato dalle spese sempre più alte e cede l’85% a Flavio Briatore e Gabriele Rumi (ex patron Fondmetal). I nuovi flussi di denaro sommati all’arrivo dei motori Hart e al ritorno dopo due anni in Ferrari di Brunner, dovrebbero permettere alla Minardi di salire la china, ma così non è. Briatore, inoltre, vorrebbe monetizzare l’acquisto della quota di Minardi cedendola alla società BAT (futura BAR), ma si intrappone Rumi che, con sforzi economici enormi, acquista la quota di Briatore e mantiene la Minardi a Faenza. Dal punto di vista sportivo nel 98 arriva Fiorio mentre nel 99 l’unica gioia arriva dal punto conquistato da Marc Genè al Gp d’Europa.
Il 2000 è un anno difficile dove la Minardi, mai come allora, rischiò seriamente di chiudere gli stabilimenti. Il telaio è un aggiornamento di quello usato l’anno prima, mentre il motore è lo stesso identico Ford Zetec -V ribattezzato Fondmetal. In un primo momento sembra che la società telefonica spagnola voglia comprare la Minardi, poi subentra la PSN sponsor in dote a Gaston Mazzacane, seconda e assai modesta guida. Rumi e Minardi credono tantissimo nella possibilità di cedere le quote alla PSN a tal punto che Fiorio (da inizio anno aspro critico nei confronti Mazzacane) venne licenziato in tronco dopo il Gp di Germania dove (dopo il ritiro di Genè mentre era in ottava posizione) commentò: “Oggi si è rotto il motore della Minardi sbagliata”. La PSN non comprerà neanche un bullone proveniente da Faenza.
Mentre tutto sembra perduto ecco spuntare un compratore: Paul Stoddart. Australiano, faccia da idraulico bonaccione ma talmente ricco da potersi permettere un campo di tabacco coltivato secondo le sue direttive personali e propietario della “European Aviation” compagnia aerea di voli charter australiana. Nel 2001 la PS01 permette ad un giovanissimo Alonso di muovere i suoi primi passi nel mondo della F1. La cura Stoddart consisteva nel: fare gran marketing (Minardi bi-posto con come autista Mansell amico del magnate australiano), vendita di memorabilia varia, assegni “aussie-dollar” e tanti sacrifici. Nel 2002 arrivano i V10 Asiatech (Peugeot rimarchiati) ma anche un quinto posto a Melbourne del deb Webber che fa impazzire l’Australia a tal punto da spingere gli organizzatori a rompere ogni protocollo facendo salire Stoddart e Webber sul podio. Prima e unica volta nella storia in cui un quinto classificato sale sul podio.
I risultati gli anni successivi sono di poco conto e la situazione economica si fa disastrosa. La Minardi, però, deve esistere per far si che il carrozzone della F1 continui a correre e si mormorò addirittura che Ecclestone pagò debiti contratti dalla Minardi spinto proprio dallo stesso Stoddart. A fine 2005, Stoddart e Minardi cedono la loro quota alla Red Bull; nasce la Toro Rosso e il Team Minardi F1 esce ufficialmente dal mondiale al Gp della Cina.
La Minardi è stato un team in grado di prendere in eredità lo spirito della F1 anni ’80 e portarlo fino agli albori del 2000, quando con un buon gruzzolo di monete e tanta passione la F1 era possibile, mentre ora conta solo il gruzzolo e la passione se c’è bene sennò amen! Giancarlo Minardi era colui che ha lottato contro i potenti e strafottenti della Formula 1 senza mai piegare la testa, ma sempre tenendo alta la sua dignità. Nella Minardi personaggi come Stoddart e sopratutto Rumi hanno fatto sacrifici immani per permettere che il cuore automobilistico italiano fosse a doppio miocardio e non solo ad uno. Giancarlo Minardi non ha mai salutato un suo pilota da sotto al podio, ma se lo sarebbe meritato eccome. Per la sua semplicità, la Minardi si è fatta un numero indecifrato di fan un tutto il mondo (Fun Club Minardi Canada ad ogni Gp a Montreal) e per la sua esperienza Giancarlo Minardi ha letto il segreto dello strapotere della Red Bull prima di tutti. Un uomo e un team, che per 30 anni sono stati una cosa unica.