F1 | Dal Canada, tributo a Gilles Villeneuve

Montreal, 09 giugno 2013 – Il mondo della Formula Uno, tra poche ore, gareggerà in Canada, a Montreal, in quella cittadina tanto amata dagli addetti ai lavori e non, su quel circuito dedicato ad una delle più grandi leggende di questo sport: Gilles Villeneuve. 

Un tributo a colui che ha fatto la storia della F1 e della Ferrari, in questo contesto, era doveroso. Gilles ha rappresentato tanto per tante generazioni. E’ stato amato da tutti, sia da coloro che hanno potuto vedere le sue gesta dal vivo, negli anni in cui dava tutto se stesso in pista, sia da quelli più giovani, che l’hanno ammirato dopo quel suo volo del maggio del 1982 che lo portò, di diritto, nella leggenda.

Scrivere di Gilles Villeneuve, in un semplice articolo, non è una cosa facile. Ha rappresentato ed emozionato cosi tanto che risulta assolutamente riduttivo cercare di capire qualcosa di lui da un testo di poche righe.

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Villeneuve era semplicemente un genio. Aveva una folle abitudine: quella di portare oltre il limite qualsiasi cosa si trovasse tra le mani: dalle motoslitte – categoria in cui gareggiò nel periodo appena precedente l’approdo al mondo delle corse – alle vetture di F1. Era folle. Semplicemente folle.

Girano per la rete dei video di alcune delle sue gesta in pista, secondo il quale difficilmente è difficile dare una spiegazione usando le attuali leggi della fisica. Lui era il profeta del controsterzo. Una delle caratteristiche del suo stile di guida era quello di affrontare alcune curve con l’anteriore della sua macchina che puntava non al punto di corda della curva stessa, ma oltre, all’interno. Si, il suo muso puntava dritto nell’erba o verso il guardrail. Il posteriore della vettura, poi, non sopportando la forza centrifuga data dall’enorme velocità e dalla grado di sterzata, scivolava e puntava dalla parte opposta, verso l’esterno, permettendo a quel folletto che guidava di affrontare la curva a velocità folle, tutto di traverso.

Gilles era cosi. Un eterno bambino. Fragile, indifeso e folle. La sua smania di guidare aveva un qualcosa di infantile. Gareggiò in F1 a cavallo dei suoi 30 anni ma in pista era l’uomo più felice del mondo, quando aveva tra le mani il volante del suo giocattolo preferito. Guidava cosi, con una insana incoscienza, senza paura di andare a sbattere. Forse, senza paura della morte.

Paragoni con altri campioni della sua epoca non possono e non devono essere fatti. Sarebbe ingiusto. Quel che è certo, però, è che pur vincendo cosi poco, forse mai si è visto un pilota che fosse entrato cosi tanto nel cuore degli appassionati e della gente comune per le sue gesta. Enzo Ferrari, il boss dei boss, scrisse cosi poco ma cosi tanto di lui: “Io gli volevo bene!”.