F1 | Mario Donnini: “Safety first? E’ una follia”

Mario Donnini è un personaggio che non ha bisogno certo di presentazioni nel mondo del Motorsport. Celebre giornalista e scrittore, autore di una ventina di libri che spaziano dal mondo delle due a quello delle quattro ruote, Mario lavora presso Autosprint dal 1993 dove ci ha gentilmente ospitato lunedì. La visita presso il settimanale più importante e famoso d’Italia dedicato al Motorsport quattro ruote è stata occasione per una piacevolissima chiacchierata che ha spaziato su tanti temi inerenti la F1 del passato, del presente e del futuro.

Di Alessandro Bucci

Inutile girarci intorno o nascondersi dietro ad un velo: la massima serie sta attraversando un periodo decisamente buio in termini di credibilità, forse il più delicato dell’era moderna. I fattori che hanno portato a questa situazione per certi versi sfiancante sono molteplici e quale personaggio più indicato di Mario Donnini per cercare di trovare delle risposte costruttive che possano fornire assist per un futuro più genuino e credibile? Volendo dare a Cesare quel che è di Cesare, va anche detto che in F1 ci sono aspetti recenti positivi o che perlomeno lasciano presagire ad un futuro diverso, come l’arrivo di Max Verstappen, l’imminente ingresso di Liberty Media nelle vesti di proprietaria F1 e la volontà, almeno apparente, da parte della Federazione di fare chiarezza sul cervellotico regolamento che alberga in F1. Dunque mettetevi comodi e…buona lettura. Mario Donnini ci racconta la “sua” F1.

Mario, iniziamo tirando in ballo due recenti dichiarazioni del “solito” Bernie Ecclestone. La prima riguarda l’auspicio di un Lewis Hamilton iridato poiché, a detta di Mr E., Rosberg non sarebbe abbastanza mediatico. La seconda esternazione, invece, riguarda le troppe regole complicate in F1. Viene da domandarsi dove sia stato Ecclestone in questi anni.

charey_ecclestone_liberty_mediaLe tue domande contengono già una risposta, quindi per certi versi sono domande retoriche. In poche parole, mi stai chiedendo: la F1 è diventata sempre più simile al Wrestling? Con tutto il rispetto per il Wrestling, s’intende. La risposta è: sì. Certo è gravissimo che il proprietario della massima serie dichiari addirittura di volere un vincitore di un campionato adeguato alla mediaticità richiesta, questa è una cosa assolutamente inconsueta, paradossale potremmo dire.

Il vincitore di un Campionato del Mondo è semplicemente colui che assomma più punti. Anche Werhlein ed Haryanto, piuttosto che Ocon, possono vincere il Mondiale. Non c’è problema. Non deve essere mediatico. Se iniziamo ad auspicare, così come per l’elezione di un Pontefice, di un Presidente del Consiglio che sia uno piuttosto che un altro perché egli è più o meno adeguato siamo dinanzi ad una valutazione politica di un risultato. Nel caso F1, una valutazione sportiva ed addirittura pregressa. E’ diventata una strana partita di pallavolo nella quale si fa continuamente invasione, nella quale si gioca esclusivamente addirittura sul campo avversario quando basterebbe giocare nel proprio campo per vedere delle belle partite.

Gli ultimi due Gran Premi, ovvero quello del Messico e del Brasile, hanno scatenato fiumi di polemiche, portando Charlie Whiting a presenziare in confereza stampa ad Interlagos. Sulla tua seguitissima rubrica “Sterzi a Parte” hai ribadito l’importanza di lasciare i piloti liberi di correre. In Brasile la F1 ha mostrato le sue due anime, con una prima parte di gara singhiozzante e non credibile interrotta a più riprese ed una seconda parte con tanta azione in pista. Credi, verosimilmente, che nel futuro prossimo la massima serie possa capire su quale delle due facce investire o rimarremo in questa sorta di bipolarismo ancora a lungo?

p-20161113-00857_hires-jpeg-24bit-rgbPenso dipenda in parte anche da noi. Per tantissimi anni la F1 non ha avuto una vera coscienza critica. Ha avuto autorevolissimi rappresentanti della stampa, ma non dei veri e propri “watch dogs”, ovvero osservatori scomodi che danno fastidio e che esprimono opinioni controcorrente. Quindi, se si formerà una coscienza critica, ed io credo che gran parte del merito potrebbe andare non tanto ai vecchi soloni dell’informazione, ma magari ai giovani leoni che fanno i meme carini su Facebook, credo che con una nuova coscienza critica si possa riuscire a stabilire un’onda d’urto che permetta di correggere certi aspetti che non funzionano. Quando ero bambino, negli anni 70, le utopie / distopie dello sport recitavano che nel futuro lo sport sarebbe diventato molto più cupo, più terribile, come in “Rollerball” di Norman Jewison per intenderci. Era l’esempio di uno sport che in futuro, per “tirare”, sarebbe diventato sempre più violento. C’era una specie di retro futuro che immaginava un’evoluzione di un ritorno alle origini primordiale e gladiatoriale. Qualcosa di terribile e che lo sarebbe diventato sempre di più per attirare maggior spettatori. Invece la realtà è stata opposta. Aumentando i soldi, lo sport si è ‘infighettato’ ed ingentilito. Se quando prendevo il diploma al liceo mi avessero assegnato un tema sulle possibili evoluzioni, ‘strafatto’ di Rollerball, avrei detto che saremmo andati incontro ad uno sport sempre più cattivo, gestito da multinazionali, rendendo i piloti bestie da macello, ecc. In realtà sono arrivati un oceano di soldi, in un clima da basso impero in cui gli imperatori e gli imperati sono grassi, flaccidi, stanchi e pigri, danno uno spettacolo di sé abbastanza risibile e addirittura pretenderebbero anche di essere attaccati sulle stanze altrui come dei miti. Questo non è possibile. Chi con pioggia parte con Safety Car e poi addirittura è semi renitente all’idea di correre perché neanche vorrebbe farlo…direi che aspira alla mutua. Uno degli ultimi sport certificati come estremi sembrerebbe rinnegare, in molti momenti, se stesso.

Concordi con me nel dire che Imola 1994 è stato una sorta di spartiacque nella storia della Formula_1,_GP_San_Marino_1989,_Imola,_Prost_e_Sennacategoria? Da quell’anno la Formula 1 non è più stata genuina e sembra aver perso l’orientamento su come e dove orientare la vela in modo che il vento soffi.

Safety first. Ormai è un vessillo del ‘politically correct’. Dal momento che questo è uno sport estremo, Safety is not first! La prima cosa è il rischio, Motorsport is dangerous. Siamo arrivati alla tendenza di prendere un circuito ‘ignorante’ e cattivo come quello del Messico, dove Mansell fece quel sorpasso a Berger sulla Peraltada, o dove ricordiamo l’incidente di Senna che non era certo uno sfascia carrozze, e ridurlo ad una pista che ha perso molta identità.