F1 | Mercedes, il trucco delle pressioni: Una mezza verità

di Antonio Granato e Luca Stefanini

Si sta parlando sempre più di come la Mercedes sia riuscita a trovare un escamotage “termico” per riuscire ad abbassare la pressione dello pneumatico ottenendo così un’impronta a terra di maggiori dimensioni e conseguentemente più grip per la vettura. Però vanno fatte alcune precisazioni che da più parti non sono state fatte e che possono indurre a credere che Mercedes sia in grado di ottenere questo abbassamento della pressione per l’intero arco della gara.

foto Amus
foto Amus

L’astuzia del team Mercedes sembrerebbe quella di riscaldare, nei minuti immediatamente precedenti alla partenza della gara, alcuni componenti del sistema frenante. Infatti più volte si sono viste immagini in griglia di partenza di coperture che venivano applicate ai cestelli dei freni e dei “phon” che soffiavano aria calda all’interno dei condotti di raffreddamento.

Secondo quanto riportato fino ad ora da alcuni questo servirebbe per innalzare ancora di più la temperatura della gomma quando viene montata sul mozzo e quindi alzare la pressione di gonfiaggio del pneumatico. Le gomme però vengono gonfiate a pressioni inferiori al regolamento e solo quando montate sulla vettura e riscaldate dai freni raggiungono le pressioni corrette.

Subito dopo però, già nel giro di ricognizione, il cestello e la gomma si raffreddano e questo sembra provocare un abbassamento della pressione dello pneumatico e il raggiungimento di nuovo di pressioni più basse di quelle ammesse dalla FIA e quindi un impronta a terra maggiore e un grip migliore.

foto AMuS
foto AMuS

Vanno fatte però due considerazioni: la prima che riguarda le temperature del cestello e del sistema frenante durante la gara, infatti in alcuni GP dove i freni sono sottoposti ad un gran lavoro e raggiungono alte temperature, questo escamotage risulterebbe meno efficace perché le gomme ritornerebbero nuovamente alla condizione termica del pre gara facendo aumentare nuovamente le pressioni.

A sostegno di questa osservazione si può notare come in Canada, a Melbourne o altre piste dove effettivamente il dominio Mercedes sembrava meno eclatante, fossero circuiti molto esigenti per i freni e dove quindi si raggiungevano temperature d’esercizio degli elementi interni molto elevate.

La seconda considerazione riguarderebbe la pressione di gonfiaggio delle gomme montate al pit-stop. Infatti i pneumatici ai box vengono costantemente monitorati dai tecnici Pirelli e sarebbe impossibile montare al pit-stop una gomma con una pressione più bassa del limite ammesso.

Due considerazioni spiegherebbero anche la riduzione del gap tra Ferrari e Mercedes in alcune piste (quelle in cui i freni raggiungono temperature più alte) e l’ampilamento del gap in altre, come ad esempio a Baku dove i freni sono sollecitati di meno (si ha una dura frenata dopo il lungo rettilineo preceduta da un lungo raffreddamento). La capacità delle Mercedes di ottenere ottime prestazioni nella primissima parte di gara è stata evidente in questo GP e probabilmente non si può solo ricondurla alla sola gestione delle mappature della Power Unit.

Ricordiamo infine che questa pratica sarebbe anche in parte utilizzata dalla Red Bull e dalla Renault.

di Antonio Granato e Luca Stefanini

N.B: abbiamo volutamente utilizzato “il pneumatico” anziché “lo pneumatico” perchè, aldilà della correttezza linguistica (scoperta solo negli ultimi anni da quando Pirelli è in Formula 1), per anni si è utilizzando la forma che suona meglio e che per tanto era diventata di uso comune. 

 

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